In questo ultimo periodo sono stata poco bene e, causa un riposo forzato di diversi giorni, ho dedicato il notevole tempo disponibile a due mie passioni che qui hanno trovato sempre poco spazio ma che rappresentano una parte importante del mio continuo processo di formazione: la lettura e la visione di film e serie tv. In realtà non ho scelto sulla base delle mie inclinazioni preferendo scandagliare il mondo adolescenziale, di cui io in questo momento mi trovo a essere testimone passivamente attiva perché, è vero che quella fase della crescita per me è ormai passato remoto e probabilmente potrei scrivere trattati ma, essendo nata nel 1980 e avendo avuto stimoli esterni e problematiche diverse all'epoca, l'unico trait d'union che riscontro è quel senso di inadeguatezza che schiaccia (o contiene) la pseudo consapevolezza di essere grandi. Questo piccolo spiraglio mi permette di entrare nel suo mondo andando insieme per librerie a fare acquisti per capire cosa legge, quali sono i suoi interessi, i suoi romanzi di formazione; scegliendo un film o una serie da vedere insieme o dandoci consigli su cosa vedere. Nonostante ciò non mancano le litigate quotidiane, le ribellioni, gli sbuffi o i toni un po' troppo sostenuti ma se c'è una base di dialogo su tutti gli altri aspetti si può lavorare.
Non sono una madre che vuole ritornare adolescente ma sono la madre di un adolescente e in quanto tale, per quanto scomodo e faticoso possa esser (perché credetemi non è né bello né tantomeno stimolante mettere delle regole o imporre dei paletti ed essere contestati continuamente anzi è oltremodo sfiancante), devo dare gli strumenti per permettere a mia figlia di crescere nel modo più sano possibile in termini di valori, frequentazioni e interessi perché come sostiene Paolo Crepet "l’autorità non è oppressione ma cura”.
In quanto madre di una ragazza ho l'obbligo morale di insegnarle il rispetto per se stessa e per gli altri, la lealtà e la fiducia nel prossimo, l'importanza dello spirito di sacrificio perché nulla nella vita si ottiene senza costanza e dedizione, la condanna di qualsiasi forma di violenza sia fisica sia psicologica sia verbale ma ho altresì l'obbligo morale di metterla in guardia dalla violenza verbale, fisica e psicologica che esiste e che vede noi donne vittime quotidiane, di educarla alla cautela e soprattutto sfatare il mito che non siamo venute al mondo per placare l'irrequietezza di quegli uomini che realizzano il loro ego smisurato nel possesso: non siamo crocerossine di uomini malati e irrisolti indegnamente educati da una società patriarcale e sottomessa in cui la donna deve tacitamente essere oggetto del rapporto e mai soggetto.
Premesso ciò arrivo al perché ho deciso di parlare di Adolescence.
Adolescenza e Adolescence è stata quest'assonanza a incuriosirmi tanto da immergermi nella visione in apnea di questa mini serie appena lanciata sulla piattaforma Netflix. Mi aspettavo un teen drama e, invece, mi sono trovata invischiata in un thriller che è ha al centro della narrazione un femminicidio .
Sin da subito ho provato la sensazione di aver ricevuto un pugno allo stomaco: una famiglia , come tante, che di prima mattina viene traumaticamente svegliata da un manipolo di agenti che sfonda la porta di casa e accusa il figlio adolescente di omicidio.
Jamie, questo è il nome del protagonista tredicenne appunto, non fa altro che rivolgersi al padre e dichiarare di non aver fatto nulla e anche in centrale da solo cerca il padre e lo designa quale suo tutore. Durante la permanenza pre interrogatorio cerca smaniosamente il contatto visivo col padre quasi a dire "solo tu puoi aiutarmi perché sei mio padre e sai che non farei mai nulla del genere", gli chiede "mi credi" e il padre lo rassicura. In tutta la sequenza il padre è parte attiva e attivamente assiste, protegge e asseconda Jamie e gli crede perché lui glielo giura e quella è l'unica verità che in quel momento conta per Eddie, il padre.
Poi arriva l'interrogatorio ed Eddie vede attraverso il riscontro con Instagram un figlio diverso: bugiardo, misogino, violento. Un figlio che, abbiamo appena scoperto, ha ucciso a coltellate una sua coetanea; è colpevole fuor di ogni ragionevole dubbio perché le telecamere lo hanno ripreso e nulla di quello che può dire può modificare questa verità. Da solo con il figlio che piange e lo chiama, Eddie crolla, non ha la forza di guardarlo in faccia, gli chiede "Cosa hai Fatto?....Perché?" lo abbraccia per sostenerlo ma Jamie, invece di spiegare, continua a negare. Qui si conclude la prima puntata.
Della vittima sappiamo ben poco, solo che si chiama Katie e che è coetanea di Jamie ma nel secondo episodio scopriamo che Jamie e i suoi amici erano degli emarginati e che Katie aveva bullizzato Jamie sui social. Ne emerge che tutti i ragazzi sapevano (addirittura un amico di Jamie è colui che gli ha fornito il coltello e verrà arrestato), ma ovviamente la scuola non si era resa conto di nulla e, a dire il vero, nemmeno dopo il delitto sembra particolarmente scossa o mossa a trovare soluzioni.
Si potrebbe fare l'errore di umanizzare il carnefice quasi come sia stata Katie a istigarlo all'omicidio ma il terzo episodio, ambientato sette mesi dopo il delitto in cui Jamie ha un intenso e violento confronto con la dottoressa Briony Ariston in realtà svela come Jamie, nonostante abbia solo tredici anni non è affatto sprovveduto anzi cerca di recitare la parte del bravo ragazzo mentre in realtà è il perfetto prodotto di una generazione forgiata dai social e intrisa di maschilismo, misoginia e odio. Jamie è lucidamente consapevole di essere intelligente perché usa la fragilità di Katie, a sua volta bullizzata per foto ose', per chiederle di uscire ma lei lo rifiuta lo stesso e trova un'attenuante al delitto di cui si è macchiato al punto di sentirsi moralmente superiore perché non ha usato violenza su Katie, a differenza di quello che avrebbero fatto altri nella sua stessa situazione. Nonostante ciò lui continua a negare di averla uccisa, lui nega l'idea stessa dell'irreversibilità della morte.
Io l'ho trovato l'episodio più disturbante e ho avuto difficoltà a guardarlo perché mi ha turbata l'assoluta assenza di valori del ragazzo se non all'interno del ristretto microcosmo familiare. Jamie si sente figlio, fratello e nipote ma non riconosce Katie come tale e mai prova pietà per lei o per la sua famiglia. Katie è una "stronza" e in quanto tale merita ciò che ha subìto.
Nel quarto e ultimo episodio il focus è spostato sulla famiglia di Jamie alla difficile ricerca della normalità in una vita in cui di normale non è rimasto nulla; ma al contempo è l'occasione per capire quello che non si è percepito e per interrogarsi sugli errori fatti o solo per ammettere che il posto che sembrava essere il più sicuro, ovvero la cameretta, era il luogo in cui la personalità del ragazzo si formava con le idee radicali promosse dalla manosfera incitanti alla misoginia e alla supremazia maschile. L'unica vittoria, se di vittoria si può parlare, è la telefonata in cui Jamie annuncia alla famiglia di volersi dichiarare colpevole. Questo ovviamente non basta a lenire i sensi di colpa di due genitori distrutti e spettatori ignari della doppia vita del figlio, non è un punto di arrivo perché non c'era bisogno di scoprire il colpevole, visto che sin dal rimo episodio la dinamica è chiara ma è un fondamentale punto di partenza perché rappresenta l'accettazione di Jamie del crimine di cui si è macchiato.
Ovvio che stiamo parlando di finzione ma Adolescence, pur non trattando, nello specifico, una vicenda realmente accaduta rappresenta la somma creativa di più crimini reali.
Sicuramente è una serie a primo impatto notevole e ricca di introspezione psicologica che proietta il telespettatore tutto il tempo a capire e mai a giudicare senza prima aver unito tutti i tasselli narrativi.
Ma davvero avevamo bisogno di questo per scuotere le coscienze? Davvero noi genitori avevamo bisogno che una serie britannica ci svegliasse dal torpore e ci facesse prendere consapevolezza che i nostri figli hanno delle zone d'ombra di loro accesso esclusivo? Davvero nessuno ha mai pensato che un figlio è capace di mentire?
A mio modesto parere no. In primis perché ci pensa costantemente la cronaca a ricordarci il dramma di essere donna e, secondo perché in Adolescence, a dire il vero, la figura di Katie è marginale, funzionale solo perché vittima suo malgrado del disagio di Jamie.
Prima di scrivere io l'ho riguardato due volte perché c'era qualcosa che non mi aveva convinta del tutto, leggevo recensioni per lo più entusiastiche, si parlava dei numeri da record totalizzati (tanto che, pare che addirittura in Gran Bretagna verrà fatto vedere Gratis non avete idea quanto mi ha colpito questo termine...ma ovviamente il nostro pathos mediterraneo probabilmente molto ci discosta da loro)
Ma a quanto pare nella vicenda il femminicidio in sé e per sé ha poca rilevanza, nonostante sia il focus della narrazione, viene liquidato velocemente e affrontato solo marginalmente perché è il processo di disumanizzazione del carnefice che è al centro della narrazione e la tragedia che colpisce la sua famiglia. Ma perché non si parla della famiglia di Katie? La madre viene solo menzionata dal detective quando dice che è stato lui stesso a dire alla madre distrutta che la figlia era morta. Al contrario il dramma della famiglia di Jamie è mistificato e anche quando lui comunica l'intenzione di "cambiare la sua dichiarazione" (attenzione non dice sono colpevole ma "mi dichiarerò che colpevole") è come se si stesse immolando quasi fosse agnello sacrificale. Nel dialogo finale tra Eddie e sua moglie si vede cupa rassegnazione e autoconvincimento della loro totale incapacità di comportarsi diversamente. Sarà la figlia con quel "Jamie siamo noi" a chiudere il cerchio e la madre a rispondere al marito che, candidamente si interroga su come facciano ada avere una figlia così "così come abbiamo Jamie".
Proprio in chiusura io ho letto un messaggio di rassegnazione passiva che mi ha spaventata, cioè i figli ti capitano nel bene e nel male e tu non puoi fare nulla se non dire "Mi dispiace ragazzo".
E proprio in questi giorni altri due femminicidi hanno scosso le nostre coscienze: Sara Campanella a Messina e Ilaria Sula a Roma. Diversa è la dinamica ma identico è il movente: se non vuoi il mio amore non sei degna nemmeno di vivere. La volontà di possesso domina sul rispetto per la vita.
Allora mi chiedo perché Adolescence ha tutta questa cassa di risonanza? Perché se ne parla così tanto? Perché è diversa dal solito ma sono estremamente convinta che il clamore durerà il tempo che la nostra cocente indignazione si intiepidirà e inizieremo a sottovalutare inquietanti campanelli d'allarme.
Ammetto che sono parole forti ma nemmeno i delitti, più efferati trascorso lo sgomento iniziale hanno evitato che il copione si ripetesse.
Il delitto è solo la punta di un iceberg ma è il sommerso tutto quello che bisogna estirpare.
Quante donne sono state uccise durante un incontro chiarificatore?
Quante donne sono state uccise nella propria casa perché sopportavano in silenzio?
Quante donne sono state uccise perché avevano palesato l'intenzione di lasciare?
Quante donne sono state uccise perché non volevano essere l'interesse amoroso di chi non volevano.
Quante sono state uccise per gelosia?
E si potrebbe continuare all'infinito…
Il problema è culturale e la soluzione è pedagogica.
Bisogna crescere individui educati alla libertà, all'autostima, al rispetto e all'indipendenza.
Sono spaventata, arrabbiata e terrorizzata da questa società in cui l'unico valore è imporre la propria volontà di potenza. Ma non sono rassegnata e quello che insegno a mia figlia è di difendersi da ogni tipo di attacco sessista, di stare alla larga da chi le riserva attenzioni morbose e di non aver paura di parlare perché se qualcosa la turba io non penserò mai che sia esagerata.
E di fronte a questo immobilismo etico io mi sento di dire che non farei guardare Adolescence da sola a mia figlia perché credo che, da ragazza la disturberebbe la visione maschiocentrica che la porterebbe solo a dinamiche di odio nei confronti del ragazzino (che amabile non è, visto che nell'arco temporale di tredici mesi mai mostra segni di pentimento, ravvedimento o pietà per Katie) innescando altri meccanismi inconsapevoli di stereotipizzazione negativa.
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